Erano vittime, ora esclusi: i bambini yazidi dimenticati dalla comunità

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Di Fedele Bello
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Villaggio desolato con un parco giochi vuoto e altalene.

RomeDieci anni dopo l'attacco dell'Isis alla comunità Yazida, le conseguenze sono ancora evidenti. Circa 2.600 Yazidi risultano ancora dispersi. I sopravvissuti, tra cui molte madri, trovano difficile ritornare nelle loro comunità e ricostruire le proprie vite.

La comunità yazida ha iniziato ad accettare maggiormente le madri che sono state rapite, ma i bambini nati dai loro rapitori dell'IS sono per lo più rifiutati. Le tradizioni yazide stabiliscono che una persona deve avere due genitori yazidi per essere considerata yazida, il che crea un problema per questi bambini.

  • I bambini nati dai sequestratori dell'IS sono considerati estranei.
  • Accettarli può portare a ostracismo familiare e comunitario.
  • La legge irachena impone la registrazione di questi bambini come musulmani.

Madri come K si sono trovate di fronte a scelte difficili. Alla fine, è finita nel campo di al-Hol in Siria, noto per ospitare famiglie legate all'IS. Né la sua famiglia né la comunità yazida accettavano i suoi figli. Lotta a mantenere l'equilibrio tra la sua identità culturale e il suo ruolo di madre.

Yazda, un'organizzazione che supporta la comunità Yazida, evidenzia problemi persistenti come persone scomparse, fosse comuni e la lotta per la giustizia. Sottolineano le necessità della comunità, tra cui affrontare i traumi, decidere il destino dei figli nati da padri dell'IS e trovare soluzioni per gestire queste problematiche senza fare del male a nessuno.

Alcune famiglie scelgono di non tornare in Iraq per rimanere unite con i loro figli. Prendono questa decisione perché temono di non essere accettati dalla società. Hussein al Qaidi, che si occupa del salvataggio degli yazidi rapiti, spiega quanto sia difficile per chi si trova ancora in luoghi come al-Hol. Molte persone nascondono la loro identità yazida per proteggere se stessi e i loro figli dai sostenitori dell'IS.

Natia Navrouzov di Yazda afferma che questi casi sono complessi. Non esiste un modo semplice per aiutare senza arrecare danno alla madre, al bambino o alla comunità. Hadi Babasheikh ritiene che trasferire madri e bambini in altri paesi sia la soluzione migliore. Crede che sia l'unico modo per garantire la loro sicurezza e accettazione.

Alcune madri yazidi si allontanano dai figli nati dai miliziani dell'IS. Altre, come K, provano un profondo dolore a causa delle scelte difficili che devono affrontare. Donne come lei rappresentano le continue difficoltà della comunità yazida: affrontare i traumi passati mentre si confrontano con un futuro incerto e diviso.

I crimini commessi dall'IS contro gli Yazidi, definiti come genocidio dall'ONU, continuano ad avere gravi ripercussioni. La strada verso la guarigione e l'unità è ardua, richiedendo sostegno sia interno che esterno alla comunità. Questa situazione sottolinea la necessità di un supporto globale per ricostruire vite distrutte da tali atrocità.

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