Svelate le misteriose e variabili correnti del profondo oceano
RomeUno studio recente ha rivelato che le correnti profonde dell'oceano sono più complesse di quanto si pensasse. Scienziati provenienti da Regno Unito, Canada, Germania e Italia hanno esaminato dati raccolti da numerosi sensori. Questi sensori sono stati posti nel mare per un periodo di quattro anni a profondità fino a 2,5 chilometri. La professoressa Elda Miramontes del centro MARUM dell'Università di Brema ha fatto parte del team di ricerca.
Risultati Principali:
- Correnti Varie: Contrariamente ai modelli precedenti, le correnti sottomarine non sono continue e costanti.
- Cambiamenti Frequente: La velocità e la direzione delle correnti cambiano frequentemente e sono influenzate dall'irregolarità del fondale marino.
- Variazioni Stagionali: L'intensità di queste correnti varia notevolmente a seconda della stagione.
Gli scienziati hanno utilizzato strumenti speciali chiamati Profili Doppler Acustici di Corrente per misurare le correnti sottomarine. Hanno impiegato questa tecnologia su 34 ormeggi in acque profonde per ottenere le prime misurazioni su larga scala e a lungo termine delle correnti oceaniche vicino al fondale marino.
Le misurazioni descritte dal Prof. Miramontes sono cruciali poiché migliorano i modelli che illustrano i cambiamenti climatici passati negli oceani. Il Dr. Lewis Bailey, attualmente presso l'Università di Calgary, sottolinea che le correnti oceaniche vicino al Mozambico variano molto più frequentemente di quanto immaginato, con variazioni che avvengono in poche ore, e non solo durante le diverse stagioni.
Secondo il dottor Ian Kane dell'Università di Manchester, studiare le correnti profonde è complicato poiché le condizioni nelle acque profonde variano molto e non si aveva una conoscenza adeguata di queste condizioni in passato.
Il Dr. Mike Clare del National Oceanography Centre afferma che questo studio dimostra l'importanza delle osservazioni continuative. È fondamentale raccogliere dati dettagliati sull'attività oceanica profonda per comprendere come sedimenti, carbonio e inquinanti si spostano nel mondo. Questa conoscenza è essenziale per capire i cambiamenti climatici passati e valutare la salute attuale degli oceani.
Questo studio approfondisce la nostra comprensione del funzionamento dell'ambiente degli abissi marini. Sottolinea l'importanza di continuare a monitorare e raccogliere dati. Questi dati sono essenziali per gestire le risorse oceaniche e valutare gli impatti delle attività umane e dei processi naturali sugli ecosistemi marini profondi e sul clima globale.
Fino ad oggi, la maggior parte degli studi sulle correnti marine profonde si sono svolti a grande distanza dal fondo oceanico e in poche aree specifiche. Queste nuove informazioni evidenziano la complessità delle correnti nelle profondità marine. Gli scienziati intendono utilizzare questi dati per comprendere meglio la destinazione delle particelle naturali e artificiali negli oceani. I risultati aiutano anche a identificare le zone in cui si accumulano gli inquinanti.
Il fondale oceanico accumula sabbia, fango e carbonio organico. Questi materiali nutrono gli organismi marini e permettono agli scienziati di studiare gli ambienti e i climi del passato. Per comprendere questi archivi naturali, è fondamentale conoscere il funzionamento delle correnti oceaniche profonde.
Questo studio propone una nuova prospettiva sulle correnti profonde oceaniche, mettendo in discussione credenze passate e dimostrando la necessità di misure più dettagliate del fondale marino. Ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno il significato di queste scoperte. I risultati saranno di grande importanza per le future ricerche oceanografiche.
Lo studio è pubblicato qui:
http://dx.doi.org/10.1038/s41561-024-01494-2e la sua citazione ufficiale - inclusi autori e rivista - è
Lewis P. Bailey, Michael A. Clare, James E. Hunt, Ian A. Kane, Elda Miramontes, Marco Fonnesu, Ricardo Argiolas, Giuseppe Malgesini, Regis Wallerand. Highly variable deep-sea currents over tidal and seasonal timescales. Nature Geoscience, 2024; DOI: 10.1038/s41561-024-01494-2Condividi questo articolo